1. Storia del batiscafo Trieste
La storia del batiscafo Trieste è una storia carica di energia positiva, capace di muovere nel profondo l’immaginazione e la sensibilità di ognuno, anche di formazione culturale e età molto diverse. Gente di mare, scienziati, giornalisti, subacquei sportivi, oceanografi, costruttori navali, appassionati di storia della marineria, esperti di cantieristica, modellisti, tecnici specializzati, operatori culturali, didatti di scuole primarie e secondarie, ma anche gente comune, semplici turisti affascinati dalle eccellenze o semplici curiosi a caccia di novità. Lo stesso nome “TRIESTE”, scritto a chiare lettere nere sul bianco della vernice della torretta, abbinato alla vista di quel piccolo scudo rosso alabardato, per certi versi somigliante visivamente alla croce svizzera dei suoi ideatori, forse è sufficiente ad attirare oggi l’attenzione, se non altro per la nuova stagione di respiro europeo che si sta aprendo in questi ultimi anni attorno alla città adriatica dopo tanti -troppi- anni di oblio. Sembra quasi che il batiscafo Trieste assuma in sé una carica del tutto particolare, di simbolo di eccellenza condivisibile trasversalmente in molti ambiti, non solo della città oggi all’avanguardia nel mondo in campo tecnico-scientifico, ma del suo ruolo positivo di città posta a cavallo di culture molto differenti che ebbe modo di esprimersi originariamente e con grandi risultati anche in passato.
Ebbene questo prodigioso mezzo subacqueo ebbe una vita complicata. Almeno due “vite” distinte1:
1. la prima nel 1953 con la spedizione italo-svizzera che lo portò a raggiungere il fondo della Fossa Tirrenica al largo dell’Isola di La Ponza in Italia stabilendo un record assoluto per l’epoca di -3150 metri.
2. la seconda, sette anni dopo, quando, battendo bandiera americana, nell’ambito del cosiddetto “Progetto Nekton”, riuscì a raggiungere il punto più basso del pianeta terra nella Challenger Deep della Fossa delle Marianne.
Anche se oggi la seconda spedizione del 1960 è quella più ricordata delle due, perché raggiunse il punto più profondo del mare in assoluto, limite ancor oggi imbattuto, si può tranquillamente affermare senza ombra di dubbio che entrambe le due spedizioni furono“epocali”, con un impatto enorme sull’opinione pubblica mondiale che si rese conto dell’eccezionalità di quell’impresa coraggiosa mai tentata prima.
3. Una terza “vita” – di cui non ci occuperemo nel nostro sito– avvenne nel periodo successivo, tra il 1964 e il 1980 quando, con il nome di Trieste II il batiscafo da record venne adipito dalla U.S. Navy a esclusive operazioni militari. Fu ridisegnato in una nuova forma completamente diversa da quella originale uscita dai designer navali dei Cantieri di Monfalcone e con tre assetti diversi (la prima con la sfera fabbricata in Italia dalla Terni, la seconda con la sfera fabbricata in Germania dalla Krupp, e la terza con una nuova sfera modificata in America) per aumentarne la mobilità, dimezzando però la capacità di immersione dei precedenti progetti. Oggi il Trieste II è esposto al United States Naval Undersea Museum a Keyport, Washington.