IL PICCOLO 24/6/2020
TRIESTE – Mercoledì 24 Giugno 2020
IL PICCOLO
Kelly Walsh rievoca l’impresa del “Trieste” sul fondo del pianeta
Dopo sessant’anni il figlio di Donald, che accompagnò Jacques Piccard ha raggiunto a bordo di un batiscafo la Fossa delle Marianne”
di Pietro Spirito
Tale padre tale figlio. Dopo sessant’anni Kelly Walsh, il figlio di quel Don Walsh che il 23 gennaio del 1960 scese assieme a Jaques Piccard con il batiscafo ‘Trieste” per la prima volta nel punto più profondo del pianeta a quasi undicimila metri sotto il mare nella Fossa della Marianne, è tornato laggiù dov’era stato il papà. Kelly Walsh è diventato così la dodicesima persona a raggiungere quel fondale nel Pacifico, ovvero tante quanti sono gli astronauti che hanno messo piede sulla luna. L’immersione da record, realizzata la scorsa settimana, è stata possibile grazie al finanziere texano Victor Vescovo,appassionato esploratore dei mari che si è dotato di un batiscafo con nave d’appoggio costati 48 milioni di dollari. Vescovo ne ha fatto un business di lusso: con lui diramate si sono immerse nelle fosse delle Marianne l’ex astronauta della Nasa Kathy Sullivan e la scalatrice anglo-americana Vanessa O’Brien. E prima di Vescovo e dei sui ospiti il secondo a toccare il fondo del globo era stato il regista James Cameron, che il 26 marzo del 2012 si era calato laggiù in solitaria su un batiscafo lungo sette metri. Ma la discesa di Walsh figlio dei giorni scorsi ha assunto tutt’altro valore, rievocando l’impresa portata a termine dal padre nel 1960, l’allora ufficiale di marina Donald Walsh, che quest’anno compie 90 anni. E l’eco dell’impresa risveglia a Trieste l’attenzione verso l’omonimo batiscafo che qui venne concepito e costruito,e che ancora aspetta di essere ricordato come si dovrebbe. Se il batiscafo con cui l’uomo raggiunse per la prima volta il punto più fondo del pianeta porta il nome di Trieste non è un caso: è nella nostra città che il giovane Piccard riuscì a realizzare l’idea che aveva avuto suo padre Auguste già nel 1939. Ma allora il progetto era rimasto al palo per lo scoppio della guerra, e solo dopo il conflitto tornò a prendere corpo nella mente di Auguste. Il fisico raggiunse il figlio Jacques a Trieste dove il giovane studiava nel marzo de 1952, al tempo del Governo militare alleato, e fu proprio grazie alla «larghezza di aiuti e di incoraggiamenti che le industrie cittadine e il Governo militare alleato gli offrirono» -come scrissero i giornali allora – che Auguste e suo figlio Jacques riuscirono a portare a termine il progetto. Il batiscafo venne costruito dai Canderi riuniti dell’Adriatico di Monfalcone, con la collaborazione della Navalameccanica di Castellammare e delle acciaierie Temi per la fusione della cabina sferica (poi sostituita da un’altra forgiata dalla Krupp). Il “Trieste” era lungo 18 metri e largo poco più di tre. Lo scafo era cilindrico, sormontato dalla torretta d’accesso e dal tunnel che portava fino all’abitacolo vero e proprio, la sfera d’acciaio installata sotto lo scafo stesso. I lavori finirono nell’agosto del 1953, e il batiscafo battezzato appunto ‘Trieste” in onore della città, iniziò subito le prove in mare. La prima immersione tecnica fu realizzata nel settembre del 1953 nella Fossa del Tirreno, al largo dell’isola di Ponza, dove il batiscafo toccò i – 3150 rnetri. Tre anni dopo, nel 1956,
Jacques, cui Auguste aveva definitivamente passato il testimone, scese con il ‘Trieste” a quota -3800 metri nel golfo di Napoli. Visti gli ottimi risultati, il sottomarino, ceduto intanto alla Marina statunitense, fu trasportato sull’isola di Guam, nell’ oceano Pacifico, per immergersi nella Fossa delle Marianne, dove scesero Jacques Picard e in tenente della Marina Donald Walsh. Di tutto ciò a Trieste oggi in pratica non si conserva memoria,se si eccettua una via Auguste Picrard, visto che il vecchio esploratore e il figlio ricevettero la cittadinanza onoraria nel 1962. «Il batiscafo originale è conservato al Museo navale di Washington, una copia in scala uno a uno è a Breslavia in Polonia, qui si discute di ricordarlo nel futuro Museo del mare ma non è stato fatto ancora niente»,commenta Enrico Halupca, autore del libro “Il Trieste” (edizioni ItaloSvevo- Gaffi) in cui ricorda il ruolo che ebbe Diego De Henriquez nell’appoggio al progetto dei Piccard. Halupca sta ora girando un do-cumentario con lo stesso titolo del libro, prodotto da Sine Sole Cinema per la regia di Giovanni Ziberna. E ricorda: «Auguste Piccard aveva promesso il batiscafo a Henriquez per il suo museo, ma se questo non fu possibile, oggi non dovrebbe essere difficile trovare il modo di ricordare il ruolo fondamentale che ebbe Trieste in quella straordinaria impresa».—