TriesteAll News, 28 agosto 2020
TRIESTE All NEWS, 28 agosto 2020
Il batiscafo “Trieste” non tornerà in patria. Ma s’ipotizza una replica.
Di ZENO SARACINO
28.08.2020 – Il batiscafo “Trieste” non ritornerà
nella città i cui cantieri l’hanno costruita. Ma una sua replica
in scala 1:1 potrebbe venire realizzata; e ricordare,
nell’alveo del Museo del Mare, quell’impresa negli abissi della
Fossa delle Marianne che consacrò Jacques Piccard
come lo Jurij Gagarin degli oceani, essendo stato il primo uomo,
assieme al tenente Don Walsh, a visitare le
profondità marine. Un’impresa che ebbe conseguenze anche
ecologiche, dimostrando come l’ecosistema Terra sopravvivesse anche
in quelle zone “ai confini dell’estremo” dove si pensava
dominassero solo la morte e la nuda roccia.
Ieri, nella cornice
scientifica di ESOF2020 e museale dell’Auditorium
del Museo Revoltella, l’impresa del batiscafo
“Trieste” è stata ricordata nell’anniversario dei sessant’anni
dalla discesa, il 23 gennaio 1960.
In
particolare lo scrittore Enrico Halupca ha esaminato
i rapporti epistolari tra Diego de Henriquez e la famiglia Piccard,
alla base del suo libro “Il Trieste”
edito dalla casa editrice Italo Svevo. L’impresa
del batiscafo verrà trasposta su un doppio canale: visivo,
attraverso il progetto di un documentario della casa Sine
Sole Cinema S.r..l. sotto la regia di Giovanni
Ziberna; e uditivo, attraverso il progetto di uno
sceneggiato radiofonico. Lo scenario storico – indispensabile
piattaforma di lancio per l’avventura del batiscafo – è stata
poi affrontata dallo storico Raoul Pupo, mentre le
caratteristiche tecniche di questo “dirigibile degli oceani”
quale il “Trieste” sono state discusse dall’ingegnere navale
Alberto Marinò.
Dopo l’impresa del ’60 il batiscafo continuò a essere
utilizzato come mezzo di recupero dei sottomarini
nucleari affondati negli anni centrali della guerra fredda,
tra il 1960 e il 1970. Fu modificato più volte, rafforzato e
trasformato; al punto che lo si può definire un “Trieste
2“. A partire dagli anni Ottanta gli USA lo sostituirono
con un batiscafo di minori capacità (intorno ai 6mila metri di
profondità massima) e il veicolo esplorativo fu consegnato agli
onori “museali”, divenendo la principale attrazione del Museo
della Marina di Washington D.C.
L’Associazione
Mare Nordest ha raccontato di aver provato a chiedere “in
prestito” il batiscafo nell’occasione dei sessant’anni, ma la
richiesta è stata negata.
Merita menzionare come il batiscafo,
nella sua evoluzione, abbia avuto due “sfere” che contenevano
l’equipaggio, di cui una costruita a Terni. Si era progettato, per
un certo periodo, di acquistare piuttosto la sfera dell’equipaggio,
ma il tutto si è risolto in un nulla di fatto, nonostante un
interessamento di Don Walsh che ancora ricorda (e apprezza) la
cittadinanza triestina.
Il General Manager di Mare
Nordest, Roberto Bolelli, non molla però e
nell’occasione della conferenza ha lanciato un appello alle
istituzioni per ricostruire una copia (finta) del batiscafo
“Trieste”, da ospitare nel neonato Museo del Mare: “Lanciamo
un’idea. Una ricostruzione del batiscafo “Trieste” qui,
proprio, in città. Non è una boutade:
abbiamo già contattato le imprese interessate. Noi crediamo
che con un lavoro sinergico – istituzionale, privato, degli sponsor
– questa cosa si possa fare. Un’occasione da non perdere; ci
rendiamo conto delle difficoltà, ma potrebbe essere un esempio
meraviglioso. Guardare un batiscafo ricostruito, con un bel filmato e
la realtà virtuale applicata… Sarebbe qualcosa di straordinario
per questa città”.
Considerando come molto del rilancio della figura di Piccard a Trieste la si debba al libro di Enrico Halupca, “Il Trieste”, che ormai circola da qualche anno, Trieste All News l’ha intervistato per approfondire alcune curiosità storiche (e scientifiche) a ridosso di un ESOF2020 ormai in pieno sviluppo.
Com’è nata l’idea per il libro? Lei è autore de “Le meraviglie del Carso” e “Trieste sotterranea”, pertanto vi è un considerevole “salto” di ambientazione…
Sono sempre stato attratto dalle “storie nascoste“.
Mi sono interessato a Diego de Henriquez, perchè
avevo trovato una notiziuola di due righe che lo storico si era
occupato del batiscafo “Trieste” finanziando parzialmente
l’operazione. Questo lo scriveva Antonella Angeli, una studiosa di
storia cittadina, in un accenno di cinque righe sulla biografia di
Henriquez. Allora mi sono detto che questa è una notizia troppo
importante, bisogna svilupparla, è eccezionale. Sono andato a
ricercare negli archivi di Henriquez e inaspettatamente è
emerso un carteggio tra Jacques Piccard e Diego de Henriquez.
E
poi ci sono le annotazioni nei suoi diari.
Si tratta dunque di materiale inedito, mai finora pubblicato…
Era tutto originale. Ho poi fatto la trascrizione di questi diari; non li si poteva pubblicare integralmente a causa dei vincoli archivistici, pertanto ho scelto di costruire un “racconto” utilizzando i diversi frammenti di storia raccolti, senza citare esattamente quanto raccontato nei diari, ma nel contempo senza snaturarlo nella sua essenza. Si tratta di un resoconto molto puntuale: Henriquez parla di questi incontri con Jacques Piccard già nel ’48, poi nel ’52 e infine anche con lo stesso Auguste Piccard che convince a venire a Trieste.
Secondo lei l’impresa del 1960, della quale quest’anno ricorre l’anniversario dei sessant’anni, è paragonabile al primo passo sulla Luna? Se non fosse per il fatto che la frontiera del mare viene considerata meno importante di quella dello spazio…
Senz’altro c’è un parallelo. Toccare il fondo del pianeta – la Fossa delle Marianne – era l’ultimo limite ancora inesplorato del pianeta Terra. Di lì l’uomo non aveva più un limite fisico da esplorare e si è rivolto allo spazio esterno, dapprima con lo Sputnik…
Qual è, allo stato attuale, lo stato del ritorno del batiscafo “Trieste” nella città? Se ne discuteva sul giornale “La Stampa”, se ne parla da un po’.
Personalmente penso che sia molto difficile che arrivi il
batiscafo intero: però almeno la navicella sferica, forgiata qui in
Italia, sulla costa tirennica, forse sì, è conservata a Washington
D.C. accanto al batiscafo.
È un po’ in disparte, forse si
potrebbe convincere gli americani a cederla.
Ovviamente sarebbe
necessario qui a Trieste valorizzare l’impresa con un batiscafo
ricostruito ad hoc; non è impossibile. L’hanno fatto in
Polonia, cinque anni fa, nel Museo dell’Acqua, a Breslavia
(Wroklaw). Hanno
ricostruito il batiscafo del 1960. Noi qui a Trieste –
perchè no? – potremmo ricostruire quello del 1953. Possiamo
onorare questa grande storia e tramandarla anche ai cittadini di
Trieste, perchè attirerebbe un pubblico di ogni età. Sarebbe
un’occasione unica per la città. Ma ahimè occorre
trovare gli investimenti…
Qual è la sua opinione sul fatto che il primato “marino” sia stato battuto solo dal batiscafo di James Cameron, nel 2012?
In realtà nel 2012 Cameron è arrivato 4 metri sopra il batiscafo “Trieste”; non ha battuto il record di Piccard. Lo scorso anno, invece, lo ha fatto un batiscafo di nuova generazione, il “Limiting Factor“, guidato da Victor Vescovo. Si tratta di un nuovo veicolo molto più piccolo, più maneggevole, più efficiente. È riuscito ad andare 4 volte sulla Fossa delle Marianne, battendo di 5 metri il record del batiscafo triestino. A dire il vero dunque il record è stato infranto solo 18 mesi fa, per l’esattezza. Poi, con la tecnologia di oggi, è tutt’altra storia. Si può restare sotto molto più tempo, basti pensare che il “Trieste” aveva un’autonomia molto limitata per quanto concerne le luci, aveva accumulatori ancora al piombo; oggigiorno abbiamo i led, non c’è più la tecnologia del 1950/1960…
Vedo che la conferenza sta per iniziare… Vuole lanciarci un’ultima anticipazione? Quale sarà il prossimo libro?
Mi piacerebbe sempre approfondire le mie storie di Trieste; non mi dispiacerebbe trasformare questa vicenda del batiscafo non solo in un film, ma in un “qualcosa” adatto ai più giovani. Forse in un fumetto? È una storia piena di energia, capace di coinvolgere a ogni età, ho osservato, molto trasversale.